La pandemia che si è abbattuta sulla popolazione mondiale non ha risparmiato nessuno. Fra i disastri e i disagi che ha creato spicca quello sociale. Il lock down ha creato un ulteriore spaccatura nei rapporti interpersonali già incrinati dalla indifferenza di un sistema sociale sbagliato. Operare nel sociale, come nel caso della nostra associazione di volontariato, comporta un grande impegno. La ricompensa ci viene data dal sorriso dei disadattati e senzatetto quando gli offriamo dei viveri e una parola di conforto. Tuttavia durante questo duro periodo siamo stati costretti a ridurre il nostro servizio; ugualmente il Signore ci ha donato un anima da preservare e curare dalle ferite della strada. Un ragazzo di colore solo e impaurito sembrava ci stesse aspettando. In un italiano incerto siamo riusciti a comunicare con lui, scoprendo che aveva avuto delle esperienze negative che lo avevano proiettato alla fredda e oscura realtà della strada.
Il suo nome ricordava uno dei figli di Noè, cosicché,  da questo è emerso che fosse un cristiano. Grazie al nostro incontro sta riequilibrando la sua vita, ricominciando a frequentare la comunità evangelica, ritrovando un posto caldo dove poter rincasare e una scuola dove poter imparare l’italiano. Il Padre Celeste lo ha riaccolto fra le sue braccia, come la parabola del figliol prodigo descritta nel vangelo di Luca 15:

E il figlio gli disse: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22 Ma il padre disse ai suoi servi: “Presto, portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi; 23 portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”. E si misero a fare gran festa. 

A Dio vada la gloria